Abbiamo salpato nel cuore della notte e, non appena usciti nel freddo Mare del Nord, ci siamo imbattuti nell’agitato movimento delle onde. All’inizio sembrava di stare sulle montagne russe, ma poco dopo il divertimento si è trasformato in nausea e io sono velocemente andato a sdraiarmi sul letto per evitare di vomitare. A fatica nei giorni successivi ho cominciato ad abituarmi, anche se la nausea non passava. Per fortuna non è durato molto; quando il mare si è tranquillizzato abbiamo sperimentato la gioia di vedere i delfini e abbiamo anche nuotato nel freddo canale della Manica. A novembre.
Raggiunto il Golfo di Biscaglia siamo stati ben sballottati da tutte le parti da onde di almeno 4-5 metri e vento di oltre 35 nodi (circa 65 km/h). Con il mare così mosso, tutto diventa difficile. Timonare cercando di mantenere al meglio la rotta, issare le grandi vele, ma soprattutto cose che sembrano scontate come camminare o vestirsi; mentre tutto ciò che vedi si muove incontrollatamente in tutte le direzioni accompagnato dall’incessante schianto delle onde sullo scafo. Quando finalmente il mare si è placato eravamo ormai vicini a Gibilterra. Lì abbiamo passato una settimana a riparare le vele strappate e alcune infiltrazioni d’acqua.
Per fortuna da Gibilterra al Gambia ci sono stati solo due giorni di mare mosso, per il resto è stato decisamente tranquillo. Ci siamo poi fermati una notte a La Palma per far scendere il regista; sì, perché in tutto questo stiamo anche girando una serie tv. Il vulcano in eruzione di quest’isola illuminava la notte con le sue esplosioni e i suoi fiumi di lava arrivavano fino in mare.
Dopo questa breve tappa siamo ripartiti per il Gambia. Durante il tragitto abbiamo visto pesci volanti librarsi per centinaia di metri e a volte schiantarsi sul ponte; delfini, con cui abbiamo anche nuotato insieme, e perfino un grillo che, volando verso l’ignoto per decine di chilometri si era imbattuto nella Infinity.
A mano a mano che ci avvicinavamo al Gambia incontravamo sempre più barche di pescatori e una notte abbiamo rischiato di finire in una rete, ma siamo riusciti a evitarla all’ultimo momento.
Il giorno dell’arrivo in Gambia l’acqua aveva un colore particolarmente verde, che creava un forte contrasto con il blu profondo del giorno precedente. Prima di risalire il fiume Gambia siamo stati qualche giorno a Banjul, la capitale, dove siamo stati raggiunti da amici e da Carlito, l’artista venuto per dipingere lo scafo della Infinity. Risalendo il fiume abbiamo visto i delfini di acqua dolce, esplorato le mangrovie e visto uccelli di tutti i tipi. Ci siamo poi fermati prima di un ponte costruito recentemente, troppo basso per passarci sotto. Lì, ancorati in mezzo al fiume, abbiamo pitturato lo scafo e ultimato i lavori prima della traversata.
A questo punto sono sceso dalla barca per andare con mio padre e Livia, una nostra amica di Orvieto, alla scoperta della vita e della cultura gambiana. L’occasione ce l’ha data proprio Livia, che conosce un ragazzo gambiano che vive a Orvieto. Questo ci ha dato l'opportunità di andare a incontrare i suoi parenti, che ci hanno accolti come se fossimo parte della famiglia. Ogni piccola cosa che facevano ci metteva a nostro agio. Nella loro casa, dove vivono più di 30 persone, i corridoi sono spogli, il bagno è un ampio spazio all’aperto circondato da quattro mura con al centro un semplice buco per terra. Qui ci si lava da un secchio con abbondante acqua fresca. Ogni piccolo nucleo familiare vive nella stessa stanza, in un solo letto grande; la cucina è una casetta con il fuoco al centro, in cui è difficile non lacrimare per la quantità di fumo. Nel cortile interno ci sono capre e galline, in una stalla lì dietro ci sono i cavalli e, poco fuori il paese, un campo dove coltivano mais e arachidi. Le arachidi. Ne sbucciano migliaia a mano con una tecnica velocissima trasmessa da generazioni, che alle nostre mani inesperte risulta assai complicata. Ci fanno proprio di tutto. Le mangiano tostate o sotto forma di burro, che poi usano in alcune zuppe particolari. Pestandole e aggiungendoci un po’ di soda caustica viene fuori pure il sapone.
Abbiamo passato lì qualche giorno, sentendoci parte di un'unica famiglia, mangiando tutti dallo stesso piatto con le mani. Abbiamo visitato la scuola, un villaggio di capanne, una piccola oasi e assaggiato i pochi frutti della stagione secca.
Ora siamo pronti per salpare verso il prossimo continente.
01/02/2022