Random Image
delittimosaico_1di Lorenzo Romagnoli, 3ST
Il giorno 16 Marzo 2011 alcune classi del nostro Liceo hanno partecipato all’incontro con il noto scrittore Giulio  Leoni, attualmente tra gli autori italiani di genere più conosciuti all'estero (sue opere sono state tradotte in una trentina di paesi). L’argomento principale di discussione è stato il romanzo I Delitti del Mosaico, che vede come protagonista un Dante Alighieri nei panni di investigatore: un misterioso assassino vaga per Firenze ed è compito di Dante indagare. La figura del Dante-poliziotto è nata da un’antica e affascinante idea dell’autore, che è diventata la “struttura base” di una delle sue opere più conosciute.
Parlando del Sommo Poeta, abbiamo scoperto un Dante che poco conoscevamo, un Dante uomo; infatti l’attenzione dedicata a Messer Durante viene rivolta soprattutto verso due delle sue maggiori opere, La Vita Nuova e La Divina Commedia, nonostante tra esse vi sia un grande divario temporale. Inoltre bisogna tenere in considerazione che egli dai 20 ai 35 anni ha ricoperto innumerevoli cariche, tra le quali quelle di politico, di amministratore, di combattente. Probabilmente se Dante non fosse stato esiliato non avrebbe mai scritto la Commedia perché non ne avrebbe avuto il tempo materiale.
Un aspetto che l’autore ha voluto mettere in luce è stato il periodo nel quale Dante viene eletto come Priore di Firenze, carica collettiva della durata di due soli mesi, poiché i fiorentini temevano l’instaurazione di un potere forte: è stato scelto questo periodo come ambientazione delle vicende narrate nel romanzo.
Il professor Leoni è poi passato a sfatare lo stereotipo del Dante-intellettuale: tramite Boccaccio ci è giunta la descrizione fisica del Poeta, e la maggior parte di noi lo immagina come un uomo dal fisico debole, molto più portato ai lavori di testa, ma ciò non è del tutto esatto. C’è da considerare infatti che Dante da giovane partecipa alla battaglia di Campaldino come Feditore, cioè nel ruolo di cavaliere schierato nelle prime file incaricate di iniziare lo scontro con il nemico; inoltre I Feditori avevano un’armatura decisamente leggera, fattore che non faceva altro che aumentare il rischio che questi combattenti correvano durante gli scontri: si può quindi dedurre che il Poeta doveva avere una certa prestanza fisica, contrariamente a quanto si pensa. Sappiamo poi che Dante nel ‘300 era ancora in armi, cosa alquanto singolare considerando che all’epoca 40 anni erano un’età avanzata.
Vi sono anche altre storie poco conosciute e raramente menzionate, nelle quali Dante è invischiato, perlomeno a quanto riportano le fonti; ad esempio, si racconta che Dante fosse stato il fornitore del veleno che si intendeva usare per l’attentato a papa Giovanni XXIII ad opera dei Visconti, ma in seguito la colpa è stata attribuita solo a questi ultimi. Un’altra storia riguarda l’attribuzione a Dante di un’opera chiamata Il Fiore, scritto che ha sollevato più di una discussione in quanto anonimo e dai chiari contenuti pornografici (comunque non vi sono prove che tale opera sia nata dalla mente del Poeta ).
Tornando a parlare del romanzo, possiamo dire di aver conosciuto un Dante “nuovo”,  differente da quella idea che ci siamo fatti e che sembra emergere dal Dante-autore e personaggio protagonista della Commedia:  il Dante di cui vengono narrate le gesta ne I Delitti del Mosaico è un Dante arrogante, irascibile ma anche intelligente. Permettere che la sua Firenze venga scossa da un volgare omicidio? Una cosa intollerabile per l’impegnato Priore.
Il racconto non solo vuole mettere in risalto la figura del Poeta, ma trasmettere al lettore che Dante era anche un uomo straordinario, in quanto l’unico strumento che utilizza per districarsi dai rovi del dubbio è la sua mente.
Ovviamente, ambientare un poliziesco nel ‘300 non è come ambientarlo ai giorni nostri, poiché bisogna innanzitutto effettuare una ricostruzione accurata dell’epoca e cercare di riflettere come coloro che vivevano in quel determinato tempo e, quindi, cercare di alienare da noi la presunzione che essi potessero avere i nostri stessi ideali e modi di pensare. Quando si scrive un romanzo storico, questi fattori vanno presi in considerazione per primi, e solo dopo si potrà passare alla stesura effettiva.
Tra i presenti all’incontro sono nate delle curiosità riguardo al libro, che sono sfociate in alcune domande rivolte all’autore. E’ stato innanzitutto citato l’episodio in cui Dante assume delle sostanze stupefacenti per curare un mal di testa, e ciò ha lasciato perplesso più di un lettore. L’autore ha ribadito che il pensiero del ‘300 era ben lungi dall’essere alla maniera del nostro.  Le medicine ad esempio si ricavavano da sostanze naturali che si  avevano a portata di mano e che giungevano dal lontano oriente, tramite gli scambi commerciali, non pochi e nuovi prodotti, che subito venivano osservati con grande curiosità da parte degli occidentali: sostanzialmente non vi era quindi alcunché di scandaloso nell’utilizzo di certe sostanze che noi oggi etichettiamo in vari modi.
Proseguendo con le domande si è giunti a comprendere come studio della documentazione, osservazione delle fonti e ricerca siano fondamentali anche per uno scrittore.
La domanda che ha concluso questo incontro molto piacevole e interessante ha riguardato personalmente Giulio Leoni: “ scrive solo per il denaro o lo fa per la passione di farlo”?  La risposta è stata che se una persona è in cerca di soldi facili, allora la carriera dello scrittore non gli è di certo adatta. Il vero scrittore deve cercare di distaccarsi dal vile denaro, concedendo tutto se stesso alla scrittura, alla narrazione, alla fantasia e all’esposizione di ciò che vuole imprimere, e per tutto ciò la passione è un elemento fondamentale. Ma è anche vero che nonostante la passione serva, l’attività dello scrittore è più razionale, logica, e serve quindi che provochi piacere e soddisfazione, che vada oltre la concezione materiale.
Concludendo abbiamo visto che gli scrittori non si limitano a scribacchiare, ma c’è sempre un grande lavoro di preparazione da svolgere e un considerevole uso della propria mente per procedere, qualunque sia l’opera che si vuole creare; la mente, è questo il vero strumento dello scrittore.
A tutti coloro che vogliono intraprendere questo cammino, possiamo dare un consiglio citando Giuseppe Bianchetti:
“Chi mira a divenire un grande scrittore deve disprezzare le cortesie ed i favori; perché tanto più facilmente e tanto più alto ascende, quanto più si fa padrone di se medesimo.” Mentre sant'Agostino diceva: "il conversare e lo scrivere mi hanno formato"; egli chiudeva in queste brevi parole il più vero precetto che possa darsi ad un giovane, perché acquisti la facoltà di diventare un ottimo scrittore.

Un grazie a tutti coloro che hanno dato il proprio contributo per l’ organizzazione di questa attività, al prof. Giulio Leoni. al Dirigente Scolastico, ai docenti.
La classe 3ST