La Dekade kantiana, accolta con entusiasmo e partecipata in modo significativo dagli studenti dell’I.I.S. Majorana-Maitani, è stata un’ulteriore occasione di conferma del fatto che la strada per il raggiungimento di quell’umanesimo scientifico, mission della scuola, è quella giusta.
Il 3 dicembre 2022 al Palazzo del Capitano del Popolo si è parlato di “legge morale: da Kant al pensiero ecologico”, con una superba lectio magistralis del prof. Gianluca Cuozzo, ordinario di filosofia teoretica all’Università di Torino, che ha toccato i temi chiave dell’etica e di conseguenza dell’agire umano: la libertà, il dovere, la scelta, la responsabilità. Sorprendente e ricca di nuovi stimoli e prospettive l’attualizzazione della morale kantiana operata dal prof. Cuozzo che, con una serie di esempi suggestivi e citazioni puntuali, ci ha guidati in un percorso che sembra allontanarsi dal grande filosofo illuminista ma che di fatto a lui essenzialmente ritorna.
Come può interagire Kant con le questioni che ci riguardano oggi? Com’è possibile che filosofo di Königsberg, che viveva in un mondo preindustriale, un mondo ancora essenzialmente controllabile, dove le intenzioni delle azioni risultavano trasparenti, possa parlare a noi che viviamo in un mondo complesso, pieno di variabili, un mondo opaco in cui le intenzioni delle nostre azioni sembrano andare perdute, in quanto non ne conosciamo l’esito? Oggi ci troviamo in una situazione di paralisi che mette in crisi proprio l’etica dell’intenzione, in quanto sentiamo il nostro singolo comportamento, il nostro “piccolo io”, come statisticamente irrilevante, pur percependo che il risultato delle nostre azioni ha portata epocale.
A causa di quella che Timothy Morton chiama “fobia ecologica” - la sensazione cioè che il mondo stia venendo meno, senza che noi possiamo agire su di esso - ci abbandoniamo alla Melancolia, quella figura dello spirito che ci fa sentire l’impossibilità di agire sul mondo o reagire ai danni che noi stessi facciamo. Ma quest’immagine estetizzante, magistralmente rappresentata nel film Melancholia di Lars von Trier, non può essere la risposta alla domanda etica fondamentale su come ci dobbiamo comportare per ritrovare efficacia nelle nostre azioni. Ed è qui che il prof. Cuozzo introduce l’immagine del pipistrello. Questo strano animale ha una competenza ambientale enorme, che noi abbiamo completamente dimenticato.
Il pipistrello emette ultrasuoni che danno un mappatura eccellente dell’ambiente in cui si muove, e tale schema ritorna su di lui in forma di impulsi, dati che permettono il riorientamento nel caso in cui si trovi di fronte a un ostacolo. Ecco, è proprio questa capacità di ritornare sui nostri passi - nel momento in cui ci accorgiamo dell’esito contrario a quanto ci eravamo proposti - e di riformulare nuove strategie, che potrà salvare noi e il nostro pianeta.
Questo “pentimento dell’azione” è emblematicamente rappresentato dal modo di agire di Michelangelo. Altro suggestivo esempio nell’argomentazione del relatore. L’artista, con grande sofferenza emotiva, tende a riformulare tutto in corso d’opera, cambiando il suo proposito in itinere, dimostrandoci che non c’è bellezza che non sia frutto di tentativi per prove ed errori e che l’armonia viene sempre a trovarsi su di un filo precario oltre che rischioso. In questa dinamica di sistemi complessi dobbiamo quindi tenere in considerazione i feedback che l’ambiente ci rimanda, pronti in ogni momento a rivedere il nostro comportamento, ad esercitare appunto il “pentimento” quando ci rendiamo conto di aver alterato l’equilibrio dell’ambiente di cui noi stessi facciamo parte.
Quale imperativo potrebbe suggerirci allora Kant in quest’etica provvisoria? Sicuramente l’‘estensione del “non utilizzare mai l’uomo come mezzo ma sempre come fine” a tutta la natura, a tutto il vivente, nella consapevolezza che, se come individui siamo innocenti, di certo non lo siamo come specie. E c’è di sicuro molto Kant nei filosofi che si sono occupati di ecologia. Per esempio, con il principio di responsabilità, Hans Jonas introduce un imperativo che deve avere una valenza universale: non si può mai rischiare l’essenza dell’esistenza dell’uomo nei nostri tentativi per prove ed errori. L’unico sentimento che può aiutarci dunque non è la melancolia, bensì la paura, la paura della distruzione del pianeta e della fine del genere umano. L’ “euristica della paura”, come la chiama il filosofo, non blocca l’azione ma ci fa agire, come un campanello di allarme. Proprio come diceva lo stesso Kant, non dobbiamo aspettare la grazia divina per risolvere i nostri problemi, ma intervenire in tutto ciò in cui noi possiamo.
Altra importante visione quella dell’ “ecosofia” di Arne Næss, che ci rimanda l’immagine di un ambiente in relazione profonda con tutto ciò che noi facciamo. Il presupposto da cui parte il filosofo norvegese è quello dell’egualitarismo bio-sferico, in cui ogni elemento del sistema è un valore di per sé, e che impone quindi il rispetto per ogni forma di vita. Se l’equilibrio in natura è un valore, ragioniamo su quale turbativa introduciamo e poniamoci il problema di tutelarlo, pur nella consapevolezza che è impossibile tornare allo stato iniziale dopo averlo disturbato. Sta qui l’importanza della scienza, perchè senza di essa non riusciremmo a tutelare o tentare di ripristinare gli equilibri, anche se le conseguenze delle nostra azioni a lungo periodo rimangono ignote. Ed ecco qui l’accettazione di quel limite, tanto caro a Kant, che fa riconoscere allo scienziato, con l’umiltà che deve essergli propria, la “dotta ignoranza”.
In conseguenza di tutto ciò, l’ultimo imperativo che può essere valido è: “agisci in modo che ogni tua azione in ogni momento sia potenzialmente reversibile”. Ogni momento della storia è un bivio in cui facciamo scelte in senso progressivo, dandoci nuove possibilità, o reazionario, rimanendo cioè sugli errori del passato.
La filosofia ci aiuta a esercitare il pentimento dell’azione, ad avere coraggio cambiando strada accettando il rischio, perché non ha paura della precarietà ma la cura come un fiore fragile e prezioso. “A cosa servirebbe la filosofia se non ci fornisse gli strumenti per interpretare il nostro tempo?”, ha detto il prof. Massimo Donà, del comitato scientifico di Orvieto in Filosofia. “La filosofia ha senso quando si usa il materiale che viene fornito dai testi per capire dove ci troviamo e come possiamo agire.”
E gli studenti del Liceo Scientifico hanno dimostrato di saperlo ben fare.
Ho realizzato di essere libero solo dopo aver ricevuto un comando; è nel comando che scopro la possibilità di non obbedire e quindi la mia libertà. (Matteo)
Con il nostro agire singolare non provochiamo senz’altro le catastrofi del mondo, ma intanto: facciamo quello che sentiamo di dover fare, che se ci sentiamo in colpa è perché forse un pochino lo siamo! (Benedetta)
La libertà ci dà la possibilità di autodeterminarci sottraendoci al meccanismo dei nostri istinti. La libertà è un processo di liberazione che parte dall’educazione di ogni individuo: cos’è l’educare se non l’insegnare a tirarsi fuori dall’animalità delle inclinazioni sensibili? (Patrizio)
Kant ci ha lasciato le istruzioni per costruire una casa splendida, peccato che noi stiamo ancora giocando con i Lego. (Chiara)
Gli interventi dei nostri studenti hanno confermato che l’impegno del nostro Istituto a ricollocare la scienza al centro di una concezione unitaria della cultura - non divisa assurdamente in umanistica da un lato e scientifica dall’altro - è ben indirizzato. L’idea secondo la quale lo studio dell’essere umano nei suoi rapporti con la società e con la sfera politica sia riservato unicamente a un certo tipo di formazione, mentre le scienze e le tecniche sarebbero oggetto d’indagine e di discussione specialistica, come fossero corpi estranei all’essere umano in sé, inteso come individuo etico, sociale e politico, è superata. Riconsiderare l’approccio pedagogico è diventata quindi questione fondamentale in una società profondamente avanzata proprio dal punto di vista tecnologico come la nostra, dove la formazione dell’essere umano deve essere il più compiuta possibile, e l’imprescindibile componente tecnico-scientifica va coltivata insieme a quella socio-politica, perché insieme compongono e determinano il mondo in cui viviamo.
Ringraziamo sentitamente il prof. F.R. Barbabella per l’impegno profuso nell’organizzazione di questo evento, che ci dà testimonianza, anno dopo anno, di una passione inestinguibile che si può kantianamente sintetizzare nel “Sapere aude”, la stessa passione che ha lasciato in eredità al nostro Istituto.