Se consideriamo il caso gravitazionale o elettrostatico, potremmo vedere l'introduzione del concetto di campo come un semplice modello che semplifica la descrizione delle forze in gioco. Prendiamo ora in esame il campo magnetico generato da una calamita a barretta e quello di un solenoide percorso da corrente; anche qui abbiamo a che fare con una rappresentazione utile a descrivere gli effetti, ad esempio, su una bussola. Ma se facciamo un passo in più e supponiamo che il campo magnetico caratterizzi in modo univoco le forze causate dalla sua sorgente, indipendentemente da quale essa sia, abbiamo la possibilità di effettuare delle previsioni verificabili: ad esempio, che un solenoide percorso da corrente e una calamita si attirano e si respingono esattamente come due calamite, e così via. Come sappiamo l'esperienza conferma la nostra ipotesi. Sembra così che nel descrivere i fenomeni sono essenziali solo le proprietà del campo e non la sua sorgente.
Compiamo un ulteriore passo sulla strada della realtà del campo pensando all'esperimento di Oersted sugli effetti delle correnti sulle bussole. Una corrente significa cariche in moto e dunque un campo elettrico variabile. Quindi nel linguaggio del campo possiamo dire che la variazione di un campo elettrico produce un campo magnetico. Viene naturale a questo punto chiedersi se non sia vera l'affermazione simmetrica: la variazione di un campo magnetico produce un campo elettrico. Effettivamente l'esperienza dimostra che è proprio così. Un ultimo passo può essere compiuto pensando al fatto che a un campo può essere associata un'energia. Ad esempio l'energia associata al campo magnetico concatenato con un circuito elettrico si libera quando apriamo il circuito dando luogo a una scintilla .